martedì 9 aprile 2013

Metti una sera a cena… parlando di Ecomostri.



Nei giorni scorsi un giornale locale – Cronache del mezzogiorno – ha pubblicato, tra il 3 e il 10 marzo,  sei articoli dedicati all’ecomostro di Sassano firmati da un “noto” columnist di testate nostrane, Aldo Bianchini.  Sei articoli che, sottoforma di arringa, hanno provato a dare una lettura – definita inchiesta dallo stesso autore – della storia che si cela dietro alla progettazione e decisione Amministrativa di edificare, in pieno centro storico, il nuovo municipio. Un fiume di parole che sin dal primo rigo hanno creato curiosità ed aspettative. Dall’inchiesta  ci saremmo aspettati “deflagranti” rivelazioni che cambiassero il corso della storia e rispondessero  alle nostre “curiosità” e che da tempo proviamo a rendere pubbliche sulle pagine di “chiediamo la demolizione …”. Invece, l’autore degli articoli, dopo “…aver  ricevuto un’impressione tutt’altro che positiva – passando sotto l’ingombrante struttura  -…” ed averci elencato tutta una serie di dubbi relativi al gruppo facebook ( a suo dire fallito nell’intento di aggregare centinaia di consensi ), al suo promotore, agli articoli pubblicati nel corso di questi mesi ed aver letto di tutto, interpellando anche i tecnici con la sola finalità di “raggiungere l’obiettivo della verità… Decide di non mandarle a dire a nessuno conoscendo personalmente fatti  e circostanze, tanto da “…tacitare chi una sera a cena cercava di far leva sull’innata propensione verso le inchieste rumorose “. E, qual è il primo risultato dell’inchiesta? Che ci troviamo di fronte ad un “…accanimento preconcetto … Per una situazione a dir poco quasi normale in un paese dove gli scheletri di cemento armato restano immutabili…  E, mentre si deve prendere atto della trasparenza e civiltà del Comune “…non si può far altro… “Che incominciare ad avere qualche dubbio sulla trasparenza e civiltà di chi, invece, spara a zero in maniera preconcetta contro il cosiddetto ecomostro…” Ovviamente non sfugge, al nostro attento ed obiettivo investigatore, che non bisogna attribuire responsabilità per lo stato attuale dell’opera ai progettisti – ci farebbe piacere capire dove ha trovato tale accusa, un professionista sulla cui onestà intellettuale non vi è mai stata ombra di dubbio, sicuramente ci rivelerà la sua fonte di ispirazione -  scoprendo invece che la responsabilità ricade interamente sull’ufficio tecnico del Comune che, però, ha reso il cantiere inaccessibile visto che non è riuscito ad “intrufolarsi come successo ad altri” (probabilmente il riferimento è ai randagi immortalati nelle foto, essendo stata a suo tempo documentata l’inesistenza di efficaci recinzioni protettive). Dopo aver verificato la mancanza di onestà intellettuale da parte dei critici, ed essersi chiesto dove fossero i don Chisciotte di facebook “quando si demoliva per ricostruire in cemento armato”, e spiegato l’origine delle ossessioni del  “cavalier errante”, conclude affermando che in fondo il pretesto è solo ideologico… mentre  “la verità è che si ha paura del nuovo”. Ipse dixit.
La sintesi della campagna di stampa posta in essere negli ultimi giorni può essere riassunta in questi termini: mentre ciò che vediamo, e che ad una prima impressione può sembrare brutta, in realtà non è come appare perché, una volta ultimata, l’opera sarà non solo in sintonia con l’architettura circostante ma ne rispetterà equilibri e tradizione culturale, invertendo la tendenza allo spopolamento del centro storico e indirizzandolo verso un futuro di sicuro recupero e sviluppo. Solo un’illusione ottica, quindi, un colossale abbaglio.
A questo punto il quadro ci appare abbastanza chiaro. Alla fine dell’inchiesta, che tanto ci ha incuriosito sin dal primo rigo, scopriamo che dei “luddisti” di paese pur di ostacolare il nuovo ed il progresso che avanza, per mere finalità politiche  seminano, a mezzo facebook,  disinformazione e prevenzione ideologica. Sono l’ostacolo alla crescita del paese, mentre gruppi di tecnici ingaggiati dal Comune si sforzano di disegnare opere che “…siano capaci di vedere ed interpretare l’alfabeto dei segni  per dare corpo ad un progetto che si integri con l’esistente”…  Poesia pura. Degna di una candidatura al Pulitzer. Esempio di giornalismo investigativo. Altro che Anno Zero ed al cui cospetto Jacona, Santoro o Gabanelli dovrebbero, quantomeno, partecipare ad un corso di aggiornamento e prendere esempio. Una spiegazione, però, che ci pare di aver già sentito da altre parti.
Gli articoli ci appaiono contraddittori, un tentativo di arrampicamento sugli specchi, volto a mettere in cattiva luce i promotori della pagina di facebook – mai contattati -, e la sensazione è che l’autore parli per sentito dire … Ed avendo distrattamente letto qualche passaggio su internet. Non ci meravigliamo.
In tutta sincerità, una volta conclusa la lettura dell’omelia inquisitoria e constatata la difesa d’ufficio di chi, “en passant “, ha ricevuto sulle pagine di facebook attenzione da parte nostra, vale a dire il gruppo dei progettisti, perché altri riteniamo essere i responsabili di tale scempio, risulta chiaro come dietro all’apparente desiderio di trasparenza e chiarezza, voglia di approfondire ecc. ci sia un malcelato tentativo di strumentalizzazione volto a gettare ombre su chi, attraverso l’uso di uno strumento di comunicazione libero da condizionamenti e megafoni su commissione, contribuisce ad una presa di coscienza  attorno ad una scelta amministrativa che definire avventata e incoerente, con un fantomatico recupero del centro storico, è retorico. Se, poi, attorno a questa scelta si sono nel corso degli anni costruite “leggende metropolitane“ e chiacchiericci vari, intorno alla gestione degli incarichi - questi sono fatti - la responsabilità va cercata in chi con la sua cultura amministrativa, con le sue ambiguità, ha contribuito a creare tale scenario. Non certo tra le righe di un link di facebook  che, sin dal primo momento, ha pubblicato tutto il materiale di cui è entrato in possesso lasciando agli ospiti totale libertà di valutazione. Il gruppo è sempre stato aperto anche al contributo di chi dissente dai promotori. Di sicuro non sarà oscurato, ed avrà la certezza di raggiungere un focus group di lettori quantomeno più vasto, a livello locale, di quelli raggiunti attraverso la pubblicazione di articoli su giornali con una limitata diffusione territoriale.
A tutto ciò vi è da aggiungere che, probabilmente, indipendentemente da come si svilupperà tutta la vicenda, alla fine gli unici che trarranno beneficio saranno proprio i progettisti che dovranno comunque percepire – o lo hanno già fatto (???)- le loro parcelle tecniche.  Che si termini o meno il manufatto. Pertanto, se qualcuno vuole intraprendere un percorso di rivalsa volto al recupero dell’immagine del paese presumibilmente danneggiata, bene, che faccia pure, saremo i primi a complimentarci. Dopo un quarto di secolo di oscurantismo amministrativo riteniamo che un significativo restyling non guasti.
Non ci resta quindi che ringraziare l’autore degli articoli per i numerosi motivi di riflessione ed ulteriori domande che ci ha fornito con la sua indagine. Nonostante il vago sapore intimidatorio che si può percepire da alcune conclusioni. E la sensazione di aver costruito al tavolino di un ristorante  un percorso di difesa di chi da noi viene semplicemente citato in funzione del contributo dato all’opera. Perciò più che zittirci o intimorirci, siamo ancor più motivati a proseguire sulla strada intrapresa, portando  avanti con maggiore forza e molti più stimoli l’attività di sensibilizzazione posta in essere attraverso la pagina di facebook. Piaccia o non piaccia. E, se un giorno dovremo dare ragione a Sancho che alla povera moglie diceva che era “inutile dar da mangiare miele all’asino perché tanto non l’avrebbe apprezzato”, pazienza,  perché è sempre meglio cercare di placare qualche ossessione donchisciottesca piuttosto che assumere comportamenti  degni di una Dulcinea qualunque. All’autore degli articoli, sfugge un elemento fondamentale  su cui poggia l’opera che cita : don Chisciotte non era ossessionato e contro gli intellettuali del suo tempo, ma da un sistema fatto di “picari”, truffatori, ladri, ruffiani, esattori delle tasse corrotti ed un popolo passivo rappresentato dal gregge contro cui si scaglia. Un sistema da cui lui si sentiva estraneo. Chissà che la metafora di Cervantes non sia più attuale di quanto qualcuno crede.
Ci sia concessa un’ultima riflessione. Viste le informazioni ricevute  nel corso della cena suggeriamo all’autore degli articoli di selezionare meglio i commensali, ed anche i vini scelti. A volte una cattiva compagnia ed un bicchiere di troppo rischia di far prendere degli abbagli. Invece potrebbe, chissà, cercare di porre l’attenzione per una prossima inchiesta su quello che chiamiamo la gestione del sistema degli appalti pubblici su questo territorio, l’incrocio di incarichi tra amministratori e tecnici organici. Le fonti di informazione non gli mancherebbero … Tutto all’apparenza legale (non abbiamo dubbi  che le carte siano a posto), per carità, ma in quanto a trasparenza … 

Pubblicato il 12 marzo 2010

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