Nei giorni scorsi un giornale
locale – Cronache del mezzogiorno – ha pubblicato, tra il 3 e il 10 marzo, sei articoli dedicati all’ecomostro di Sassano
firmati da un “noto” columnist di testate nostrane, Aldo Bianchini. Sei articoli che, sottoforma di arringa,
hanno provato a dare una lettura – definita inchiesta dallo stesso autore –
della storia che si cela dietro alla progettazione e decisione Amministrativa
di edificare, in pieno centro storico, il nuovo municipio. Un fiume di parole
che sin dal primo rigo hanno creato curiosità ed aspettative. Dall’inchiesta ci saremmo aspettati “deflagranti”
rivelazioni che cambiassero il corso della storia e rispondessero alle nostre “curiosità” e che da tempo
proviamo a rendere pubbliche sulle pagine di “chiediamo la demolizione …”. Invece,
l’autore degli articoli, dopo “…aver ricevuto un’impressione tutt’altro che
positiva – passando sotto l’ingombrante struttura -…” ed averci elencato tutta una serie di
dubbi relativi al gruppo facebook ( a suo dire fallito nell’intento di
aggregare centinaia di consensi ), al suo promotore, agli articoli pubblicati
nel corso di questi mesi ed aver letto di tutto, interpellando anche i tecnici
con la sola finalità di “raggiungere l’obiettivo della verità… Decide di non
mandarle a dire a nessuno conoscendo personalmente fatti e circostanze, tanto da “…tacitare chi una
sera a cena cercava di far leva sull’innata propensione verso le inchieste
rumorose “. E, qual è il primo risultato dell’inchiesta? Che ci troviamo di
fronte ad un “…accanimento preconcetto … Per una situazione a dir poco quasi
normale in un paese dove gli scheletri di cemento armato restano immutabili… E, mentre si deve prendere atto della
trasparenza e civiltà del Comune “…non si può far altro… “Che incominciare ad
avere qualche dubbio sulla trasparenza e civiltà di chi, invece, spara a zero
in maniera preconcetta contro il cosiddetto ecomostro…” Ovviamente non sfugge,
al nostro attento ed obiettivo investigatore, che non bisogna attribuire
responsabilità per lo stato attuale dell’opera ai progettisti – ci farebbe
piacere capire dove ha trovato tale accusa, un professionista sulla cui onestà
intellettuale non vi è mai stata ombra di dubbio, sicuramente ci rivelerà la
sua fonte di ispirazione - scoprendo
invece che la responsabilità ricade interamente sull’ufficio tecnico del Comune
che, però, ha reso il cantiere inaccessibile visto che non è riuscito ad “intrufolarsi
come successo ad altri” (probabilmente il riferimento è ai randagi immortalati
nelle foto, essendo stata a suo tempo documentata l’inesistenza di efficaci
recinzioni protettive). Dopo aver verificato la mancanza di onestà
intellettuale da parte dei critici, ed essersi chiesto dove fossero i don
Chisciotte di facebook “quando si demoliva per ricostruire in cemento armato”,
e spiegato l’origine delle ossessioni del
“cavalier errante”, conclude affermando che in fondo il pretesto è solo
ideologico… mentre “la verità è che si
ha paura del nuovo”. Ipse dixit.
La sintesi della campagna di
stampa posta in essere negli ultimi giorni può essere riassunta in questi
termini: mentre ciò che vediamo, e che ad una prima impressione può sembrare
brutta, in realtà non è come appare perché, una volta ultimata, l’opera sarà
non solo in sintonia con l’architettura circostante ma ne rispetterà equilibri
e tradizione culturale, invertendo la tendenza allo spopolamento del centro
storico e indirizzandolo verso un futuro di sicuro recupero e sviluppo. Solo
un’illusione ottica, quindi, un colossale abbaglio.
A questo punto il quadro ci
appare abbastanza chiaro. Alla fine dell’inchiesta, che tanto ci ha incuriosito
sin dal primo rigo, scopriamo che dei “luddisti” di paese pur di ostacolare il
nuovo ed il progresso che avanza, per mere finalità politiche seminano, a mezzo facebook, disinformazione e prevenzione ideologica. Sono
l’ostacolo alla crescita del paese, mentre gruppi di tecnici ingaggiati dal
Comune si sforzano di disegnare opere che “…siano capaci di vedere ed interpretare
l’alfabeto dei segni per dare corpo ad
un progetto che si integri con l’esistente”…
Poesia pura. Degna di una candidatura al Pulitzer. Esempio di
giornalismo investigativo. Altro che Anno Zero ed al cui cospetto Jacona,
Santoro o Gabanelli dovrebbero, quantomeno, partecipare ad un corso di
aggiornamento e prendere esempio. Una spiegazione, però, che ci pare di aver
già sentito da altre parti.
Gli articoli ci appaiono
contraddittori, un tentativo di arrampicamento sugli specchi, volto a mettere
in cattiva luce i promotori della pagina di facebook – mai contattati -, e la
sensazione è che l’autore parli per sentito dire … Ed avendo distrattamente
letto qualche passaggio su internet. Non ci meravigliamo.
In tutta sincerità, una volta
conclusa la lettura dell’omelia inquisitoria e constatata la difesa d’ufficio
di chi, “en passant “, ha ricevuto sulle pagine di facebook attenzione da parte
nostra, vale a dire il gruppo dei progettisti, perché altri riteniamo essere i
responsabili di tale scempio, risulta chiaro come dietro all’apparente
desiderio di trasparenza e chiarezza, voglia di approfondire ecc. ci sia un
malcelato tentativo di strumentalizzazione volto a gettare ombre su chi,
attraverso l’uso di uno strumento di comunicazione libero da condizionamenti e
megafoni su commissione, contribuisce ad una presa di coscienza attorno ad una scelta amministrativa che
definire avventata e incoerente, con un fantomatico recupero del centro storico,
è retorico. Se, poi, attorno a questa scelta si sono nel corso degli anni costruite
“leggende metropolitane“ e chiacchiericci vari, intorno alla gestione degli
incarichi - questi sono fatti - la responsabilità va cercata in chi con la sua
cultura amministrativa, con le sue ambiguità, ha contribuito a creare tale scenario.
Non certo tra le righe di un link di facebook che, sin dal primo momento, ha pubblicato
tutto il materiale di cui è entrato in possesso lasciando agli ospiti totale
libertà di valutazione. Il gruppo è sempre stato aperto anche al contributo di
chi dissente dai promotori. Di sicuro non sarà oscurato, ed avrà la certezza di
raggiungere un focus group di lettori quantomeno più vasto, a livello locale,
di quelli raggiunti attraverso la pubblicazione di articoli su giornali con una
limitata diffusione territoriale.
A tutto ciò vi è da aggiungere
che, probabilmente, indipendentemente da come si svilupperà tutta la vicenda,
alla fine gli unici che trarranno beneficio saranno proprio i progettisti che
dovranno comunque percepire – o lo hanno già fatto (???)- le loro parcelle
tecniche. Che si termini o meno il
manufatto. Pertanto, se qualcuno vuole intraprendere un percorso di rivalsa
volto al recupero dell’immagine del paese presumibilmente danneggiata, bene,
che faccia pure, saremo i primi a complimentarci. Dopo un quarto di secolo di
oscurantismo amministrativo riteniamo che un significativo restyling non
guasti.
Non ci resta quindi che
ringraziare l’autore degli articoli per i numerosi motivi di riflessione ed
ulteriori domande che ci ha fornito con la sua indagine. Nonostante il vago
sapore intimidatorio che si può percepire da alcune conclusioni. E la
sensazione di aver costruito al tavolino di un ristorante un percorso di difesa di chi da noi viene
semplicemente citato in funzione del contributo dato all’opera. Perciò più che
zittirci o intimorirci, siamo ancor più motivati a proseguire sulla strada
intrapresa, portando avanti con maggiore
forza e molti più stimoli l’attività di sensibilizzazione posta in essere
attraverso la pagina di facebook. Piaccia o non piaccia. E, se un giorno
dovremo dare ragione a Sancho che alla povera moglie diceva che era “inutile
dar da mangiare miele all’asino perché tanto non l’avrebbe apprezzato”,
pazienza, perché è sempre meglio cercare
di placare qualche ossessione donchisciottesca piuttosto che assumere
comportamenti degni di una Dulcinea
qualunque. All’autore degli articoli, sfugge un elemento fondamentale su cui poggia l’opera che cita : don
Chisciotte non era ossessionato e contro gli intellettuali del suo tempo, ma da
un sistema fatto di “picari”, truffatori, ladri, ruffiani, esattori delle tasse
corrotti ed un popolo passivo rappresentato dal gregge contro cui si scaglia.
Un sistema da cui lui si sentiva estraneo. Chissà che la metafora di Cervantes
non sia più attuale di quanto qualcuno crede.
Ci sia concessa un’ultima
riflessione. Viste le informazioni ricevute
nel corso della cena suggeriamo all’autore degli articoli di selezionare
meglio i commensali, ed anche i vini scelti. A volte una cattiva compagnia ed
un bicchiere di troppo rischia di far prendere degli abbagli. Invece potrebbe,
chissà, cercare di porre l’attenzione per una prossima inchiesta su quello che
chiamiamo la gestione del sistema degli appalti pubblici su questo territorio,
l’incrocio di incarichi tra amministratori e tecnici organici. Le fonti di
informazione non gli mancherebbero … Tutto all’apparenza legale (non abbiamo
dubbi che le carte siano a posto), per
carità, ma in quanto a trasparenza …
Pubblicato il 12 marzo 2010
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